VILLA CAVICIANA | ph. Massimo Ragusa | © ©FAI

Villa Caviciana

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Villa Caviciana

tipologia

Bene aperto al pubblico

La prima tenuta agricola del FAI

Donata dalla Fondazione Fritz e Mocca Metzeler

Quando abbiamo visto per la prima volta il lago di Bolsena provenendo da Orvieto, abbiamo sentito l'irresistibile attrazione di questo magnifico paesaggio. L'amore a prima vista si è trasformato in una maestosa tenuta con vigneti. Friedrich Wilhelm e Monika Metzeler

Villa Caviciana è oggi una tenuta agricola nata dal sogno di Friedrich Wilhelm e Monika Metzeler, un avvocato di Dusseldorf e una collezionista d’arte, partiti per una vacanza sul Lago di Bolsena e tornati in Germania innamorati della zona. Fu così che dal 1989, anno dopo anno, acquisirono 144 ettari di colline, campi e boschi, tra i comuni di Grotte di Castro e Gradoli nella provincia di Viterbo, affacciati sulla sponda settentrionale del lago, davanti all’Isola Bisentina. Il luogo era ideale, con dolci declivi, terreno fertile di origine vulcanica e il clima mite del lago, tuttavia i terreni acquisiti si presentavano allora come una macchia informe di vegetazione spontanea, abbandonata e incolta. Furono allora piantumati 7.000 ulivi, ossia 35 ettari di oliveto verde argenteo, cui se ne aggiunsero altri 20 di vigneto verde intenso, e tutte le sfumature dei boschi - pini, castagni, noccioli, querce e corbezzoli -, e di campi, pascoli e prati. Venne realizzata una tenuta moderna ed efficiente, precocemente biologica, con un frantoio e una cantina propri, costruiti dalle fondamenta, e dotata dei migliori macchinari oltre che di personale e degli spazi adibiti alla produzione di olio e vino, ma anche di miele, formaggi e carni, dall’allevamento, in origine, di pecore e maiali. All’efficienza teutonica di Friedrich, Monika aggiunse una precisa scelta di stile: furono assoldati due importanti architetti tedeschi, Bernard Korte e Wolfgang Doring, a progettare rispettivamente gli spazi verdi e gli edifici. Frutto del progetto, è oggi la cantina che presenta un’architettura minimalista, dalle linee pulite e rigorose, ma con felici guizzi, come la lunghissima scala che sale dal seminterrato, e il sofisticato recupero delle materie locali, come il tufo morbido e poroso che scalda di giallo senape le geometriche facciate. Nelle forme...

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Questo luogo è uno dei Beni che il FAI ha restaurato con cura e aperto al pubblico, perché tutti possano scoprirlo e amarlo.

Per mantenerlo intatto e curarlo in modo adeguato, questo luogo - come tutti gli altri salvati dal FAI - necessita di un’attenta manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, e periodici interventi di restauro. Inoltre, i costi di gestione che permettono l’apertura al pubblico sono significativi. Per questo abbiamo bisogno di un aiuto concreto da parte di chi, come noi, vuole mantenere vivi per sempre luoghi unici e speciali.

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